Antioco (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 ATTO PRIMO
 
 Deliziosa di verdura.
 
 SCENA PRIMA
 
 ANTIOCO ed ARSACE
 
 ANTIOCO
 Col soffrirla si vince
 l’ira de’ grandi, Arsace.
 ARSACE
 Ma di un lungo soffrir senza speranza
 l’innocenza si stanca.
 ANTIOCO
5Frena l’impeto audace. Io di Seleuco
 tenterò la clemenza;
 concederà benigno padre al figlio
 ciò che sdegnato re niega a’ vassalli.
 ARSACE
 Sì cortese a’ Fenici?
10Sì generoso, Antioco, a me tu sei?
 ANTIOCO
 De’ mali altrui mi fan pietoso i miei,
 i miei che a te son noti
 sin da quel dì che a me vicin quest’alma,
 per la bella ch’or perdo, arder vedesti.
 ARSACE
15Stratonica...
 ANTIOCO
                         Deh taci il dolce nome
 ch’è ’l periglio maggior di mia virtute.
 Cerchisi la salute
 solo nel mio dovere.
 Tu in me ti affida e speri
20la Fenicia il perdono. Io sarò teco
 e supplice e compagno al regio trono.
 Serba la fé; la mia ti giuro eterna.
 ARSACE
 Perché almen non poss’io
 veder lieto il tuo ciglio?
 ANTIOCO
25È mio gran duolo esser tradito amante
 ma duol maggiore è l’esser servo e figlio.
 ARSACE
 
    Sempre barbaro e crudele
 agli amanti amor non è.
 
    Ma trovando un cor fedele
30lo consola per pietade,
 se nol premia per mercé. (Parte)
 
 ANTIOCO
 Degna ancor del mio pianto è un’infedele?
 Un’infedel che per desio di regno
 si fa tiranna? E i giuramenti obblia?
 
 SCENA II
 
 SELEUCO ed ANTIOCO
 
 SELEUCO
35Figlio, amato mio figlio,
 questo è ’l felice dì che unir noi deve
 me a Stratonica sposo e te ad Argene;
 e tu sì mesto accogli un sì gran bene?
 ANTIOCO
 Padre, i semi del duolo in noi talvolta
40la natura han per madre; e pria che d’essi
 la cagione s’intenda, il mal si sente.
 SELEUCO
 Da la torbida mente
 fuga, Antioco, i fantasmi. Apri lo sguardo
 a’ vicini contenti;
45o sacrifica almeno
 al riposo di un padre i tuoi tormenti.
 ANTIOCO
 Un inutile sforzo a che mi chiedi?
 SELEUCO
 Caro figlio, rimira
 un genitor, che ti ama, in questi lumi,
50un re che per te vive in questo pianto.
 Tu se’ ’l mio sangue e tu mia gioia e tutte
 sento le piaghe tue ne l’alma mia.
 Per pietà del mio core il tuo consola.
 Vuoi regni e dignità? Vuoi questo scettro?
55Questa corona? Ecco ti cedo il regno,
 ecco il diadema, ecco lo scettro; e solo
 ti chiedo in ricompensa un minor duolo.
 ANTIOCO
 Padre, la tua pietà mi fa spavento.
 Godi pure il tuo scettro. Ei non ha luce
60che mi abbagli la vista; e mai non giunse
 l’umiltà de’ miei voti
 a l’altezza del trono ove tu siedi.
 Vincerò, poiché ’l brami,
 la pena mia. Nasconderolla almeno.
 SELEUCO
65La vincerai, se non l’ascolti. Or vanne
 a Stratonica, o figlio, e tu di lei,
 regina e madre, i cenni ascolta e i prieghi.
 ANTIOCO
 Ubbidirò; ma almen...
 SELEUCO
                                            Che brami? Esponi.
 ANTIOCO
 Sospendi i miei sponsali e men d’orgoglio
70avrà su’ miei pensieri il mio cordoglio.
 SELEUCO
 Che chiedesti? Son dunque
 ministri i tuoi piaceri a le tue pene?
 ANTIOCO
 Sì, questo solo...
 SELEUCO
                                Antioco,
 vano è ’l tuo duolo. Ecco opportuna Argene.
 
75   Scherzar in quel seno, regnar in quel volto
 vedrai un piacere che vince il dolor.
 
    Nel labbro e ne’ lumi assise ed accolto
 il seggio han le grazie, il trono ha l’amor.
 
 SCENA III
 
 ANTIOCO, ARGENE
 
 ANTIOCO
 (Beltà troppo nemica a la mia pace!)
 ARGENE
80Antioco, anima mia.
 ANTIOCO
                                        Deh! Taci, Argene.
 ARGENE
 Così m’accogli?
 ANTIOCO
                               Il mio destin ne incolpa.
 ARGENE
 No, la tua crudeltà! Deh, sposo amato...
 ANTIOCO
 Non mi parlar d’amore. Usa altri nomi.
 Chiamami pur tuo servo e alor ti ascolto.
 ARGENE
85Ch’io d’amor non ti parli? Al tuo bel volto
 che io non parli d’amor? Ah! Tu di amore
 non mi parlar con gli occhi, idolo mio.
 Tu le fiamme, tu caro...
 ANTIOCO
                                             Argene, addio.
 
    Datti pace,
90se non ardo a la tua face,
 e di me non ti doler.
 
 Hai bel volto, hai fido amore;
 ma in amar non siegue il core
 che le leggi del poter.
 
 SCENA IV
 
 ARGENE
 
 ARGENE
95Ch’io di te non mi dolga? Anche, o tiranno,
 la libertade al mio dolor contendi?
 Tanto la tua beltà ti fa superbo?
 Tanto le fiamme mie vile mi fanno?
 Che io di te non mi dolga?
 
100   E quando mai sarà
 più giusto il mio dolor?...
 
 Ma che dissi, dolore? Ira, dispetto
 occupatemi il sen. Ditemi, e quando
 a me volse il crudel placido un guardo?
105Quando mai un sospir diede al mio pianto?
 Nulla il mosse il mio amor? Nulla ’l mio grado?
 Nulla il titol di sposa? In Lidia io pure
 ho genitor real; e invendicata...
 
 SCENA V
 
 TOLOMEO, ARGENE
 
 TOLOMEO
 Argene...
 ARGENE
                    Tolomeo, se hai cor, se mi ami,
110ecco il tempo, onde amor sperar tu dei.
 TOLOMEO
 S’io t’amo?...
 ARGENE
                           Son offesa.
 Antioco è l’offensore. Ebbi per esso,
 vo’ dirlo, amor. Tutto è cangiato in ira,
 l’ira in vendetta. A te, che devi in Menfi
115stringer lo scettro, a cui Seleuco ha tanto
 di rispetto e di fé, l’opra confido.
 Soddisferemo entrambi
 io l’amor tuo, tu l’ire mie. Daremo
 tu riposo a’ miei sdegni,
120io pace a le tue pene.
 Risolva Tolomeo. Propose Argene.
 
    Col valor di vendicarmi
 assicura il tuo goder.
 
    Puoi svegliarmi a nuovo affetto,
125se il furor, che m’arde in petto,
 sai cangiare in tuo piacer.
 
 SCENA VI
 
 TOLOMEO
 
 TOLOMEO
 Che cangiamento è questo? Argene serba
 odi ad Antioco? A Tolomeo speranze?
 Tanto può l’ira? Ah! Tolomeo, la fiamma,
130che ad un soffio si accende, a un soffio è spenta.
 Temi in quell’ira il tuo rivale. Intanto
 che pensi, o cor? Sia soddisfatta Argene.
 Ma contro Antioco? No, mai non si aggiunga
 al nome di rival quel di nemico.
135Troppo l’ama Seleuco;
 e così riamato almen ne fosse.
 Quell’affetto ad Arsace,
 quel favore a’ Fenici, ancorché infidi,
 provan ch’egli odia il padre
140o che gl’invidia il regno;
 e s’ei n’è reo, de’ miei rispetti è indegno.
 Sì sì, senza rossore, anzi con merto
 ne avvertirò Seleuco.
 Odio non è, sentimi, o ciel, ma zelo
145quel che mi muove a l’opra.
 Propose Argene e non risolse amore.
 Or che l’onor m’assolve,
 propone il zelo e Tolomeo risolve.
 
    Mentre servo a la mia fama,
150servo ancora al cor che adora,
 servo a te, mia dolce Argene.
 
    Senza colpa è la mia brama;
 né si oppone la ragione
 al comando del mio bene.
 
 Atrio di trofei.
 
 SCENA VII
 
 STRATONICA
 
 STRATONICA
 
155   Quando potesse un cor
 a suo piacer amar e disamar,
 o saria lieve o non saria dolor.
 
    Ma quel dover languir
 in dura prigionia
160e non poterne uscir
 è troppa tirannia d’ingiusto amor.
 
 Chi mai creduto avrebbe Antioco infido?
 Antioco, che giurommi
 fede immortal ne la paterna reggia,
165e pure infido il veggio, infido il trovo.
 Ove m’incontra, ei perde
 l’uso de’ sensi e mi conosce appena;
 ed io sieguo ad amarlo?
 Ed io non frango ancor la mia catena?
170No, non la frango ancor; ma se non posso
 render odio per odio, ira per ira,
 non vegga almeno i deboli miei pianti;
 e tu, dentro di te, cor mio, sospira.
 
 SCENA VIII
 
 SELEUCO, STRATONICA
 
 SELEUCO
 Sposa, è pur questo il dì che nel mio soglio
175farsi vedrò la maestà più bella,
 nel talamo vedrò più lieto amore.
 STRATONICA
 Demetrio è genitore;
 umil ne inchino i cenni e la mia sorte
 (sorte crudel) senza contrasto attendo.
 SELEUCO
180Ma che pro? Le mie gioie
 turba d’Antioco il duolo.
 STRATONICA
 Qual duol, signore? Ei pur d’Argene in seno
 trarrà felici i giorni. (Ahi tradimento!)
 SELEUCO
 Questa felicità fa il suo tormento.
 STRATONICA
185(Purtroppo il so). L’amore impaziente
 mal sopporta gl’indugi.
 SELEUCO
 Ma chi cerca gl’indugi amor non sente.
 Questo sì dolce figlio or or pregommi
 ad ammorzar del suo imeneo la face
190o allontanarla almeno.
 STRATONICA
 (Palpita il cor nel seno).
 SELEUCO
                                              Ei per mio cenno
 qui giugnerà a momenti. Usa con esso
 l’autorità, il consiglio.
 STRATONICA
 (Che mai dirò?) Seleuco, amor non vola
195per legge altrui ma spiega
 liberi e sciolti a suo talento i vanni.
 SELEUCO
 Talor... Ma giugne Antioco e non mi osserva.
 Fallo d’Argene amante. Io qui mi celo.
 STRATONICA
 (D’Argene amante? E ch’io lo faccia? O cielo!)
 
 SCENA IX
 
 ANTIOCO, STRATONICA
 
 ANTIOCO
200Stratonica... Perdona,
 ch’io prima dir dovea regina e madre,
 nomi di tua grandezza e mio rispetto.
 STRATONICA
 (O dio! Perché non può parlar l’affetto?)
 E qual regina e madre io ti ragiono.
205Oggi vedrai sul trono...
 ANTIOCO
 Il so! Te con Seleuco.
 STRATONICA
 (Quel sospir, s’è di duol, mi è pur gradito).
 E de’ nostri imenei vedrai congiunte...
 ANTIOCO
 Al talamo reale arder le faci.
 STRATONICA
210(Pallor, se sei desio, quanto mi piaci!)
 Ed io vedrò le grazie, i vezzi, il riso
 e di Antioco e di Argene
 sul letto genial sfrondar le rose.
 ANTIOCO
 (E ’l crede e sen compiace).
 STRATONICA
215(Che bel tacer, se per mio amore ei tace).
 Vedrò I’ardor di lei negli occhi tuoi;
 le tue fiamme vedrò ne’ suoi bei rai.
 (E tace ancor?) Vedrò...
 ANTIOCO
                                              Che più vedrai?
 Vedrai d’Antioco il core un marmo, un gelo
220ai dardi di quel labbro,
 al foco di que’ lumi.
 Fosse così...
 STRATONICA
                         Taci. (Egli è fido, o numi).
 ANTIOCO
 Non porto in sen fé sì leggiera. Ho l’alma,
 cui vasta ambizion punto non tocca.
 STRATONICA
225(Il rimprovero è dolce, è giusto, è caro;
 ma non I’oda Seleuco).
 ANTIOCO
 Tu godi pur...
 STRATONICA
                            Taci. (È costante ancora).
 Ma se il padre l’impone,
 se t’ama Argene, essa è d’amor ben degna.
 ANTIOCO
230(Finge ragioni e infedeltà m’insegna).
 STRATONICA
 Io stessa i prieghi aggiungo e, perch’io possa
 con Seleuco gioir, ti addito amore.
 ANTIOCO
 (Ah! Fingi almeno una vendetta, o core).
 Orsù, vinto mi rendo.
235Faccia le mie catene,
 se Stratonica il vuol, la man d’Argene.
 
 SCENA X
 
 SELEUCO e detti
 
 SELEUCO
 Sì, d’Argene la destra il nodo stringa
 e si principi il nodo in quest’amplesso.
 ANTIOCO
 Padre... Signor... Se... Quando... Ancora... (Oh stelle).
 SELEUCO
240Che? Il piacer d’ubbidirmi
 a te stesso t’invola? Or qui m’attendi
 con la beltà che il ciel per te compose.
 Ti dirà quel sembiante
 ch’è giustizia e virtù l’esserne amante.
 
 SCENA XI
 
 STRATONICA, ANTIOCO
 
 ANTIOCO
245(Mio cor, convien morir).
 STRATONICA
                                                 (Non ho più spene).
 ANTIOCO
 Con Seleuco gioir?
 STRATONICA
                                     La man d’Argene?
 ANTIOCO
 Tu consigliasti, e con che forza, o cruda.
 STRATONICA
 Sì faconda son io? Così eloquente?
 ANTIOCO
 Parlasti qual regina.
 STRATONICA
250T’intendo. Tu infedel mi porti al soglio.
 ANTIOCO
 Non aggiugner più duolo a le mie pene.
 Io infedel?
 STRATONICA
                       Lo dirà la man di Argene.
 Parto, perché soffrir te più non deggio.
 Sento che più mi vince ogni dimora.
255Il mio sdegno è a l’estremo. Ingrato, io parto.
 Deh! Come t’odio anch’io, tu m’odia ancora.
 
    Odiami col mio sdegno;
 e ’l tuo, come il mio petto,
 arda di crudeltà.
 
260   Così crudel ti voglio;
 e più d’ogni altro affetto
 del tuo furor l’orgoglio
 così mi piacerà.
 
 SCENA XII
 
 ANTIOCO, poi SELEUCO, ARGENE e TOLOMEO
 
 ANTIOCO
 Vanne, ingrata, sì, va’; ma se mi lasci
265l’impero d’odiarti, ancor mi lascia
 il poter di ubbidirti.
 Ah! Troppo mal si accorda
 il tuo sembiante a le tue labbra. O dio!
 Lascia pria di piacermi,
270poi d’odiarti avrò coraggio anch’io.
 Ch’io t’odi?... Argene? Io parto.
 ARGENE
 Ho stabilito.
 SELEUCO
                          Antioco, resta. E vuoi?...
 ARGENE
 Sprezzar chi rifiutommi.
 TOLOMEO
                                                (O caro sdegno!)
 SELEUCO
 T’accosta, o figlio. Offri ad Argene il core.
 ARGENE
275Un cor superbo, un core ingrato? Vanne.
 ANTIOCO
 (La sua fierezza è il mio riposo).
 TOLOMEO
                                                             (Io spero).
 SELEUCO
 Sposa ti fece il padre.
 ARGENE
 Ma non serva, non vile.
 SELEUCO
 Principe, di quell’alma i moti accheta.
 TOLOMEO
280È risoluta e altera.
 ANTIOCO
 (Rifiuto che sospiro).
 SELEUCO
 Proponi umil de’ tuoi sponsali il laccio.
 ARGENE
 Antioco taccia.
 ANTIOCO
                              (E senza pena io taccio).
 SELEUCO
 Vario nel sesso è ’l core.
 ARGENE
285Ma non nel grado, in cui son nata.
 SELEUCO
                                                                E lice?...
 ARGENE
 Rifiutar chi sprezzò già l’amor mio.
 TOLOMEO, ANTIOCO
 (Son contento).
 SELEUCO
                               Deh resta.
 ARGENE
                                                    Antioco, addio.
 
    Amar chi la sprezza,
 sprezzar chi l’adora
290non dee la beltà.
 
    Che alora si fa
 per colpa del core
 lo sprezzo fierezza,
 l’amore viltà.
 
 SCENA XIII
 
 SELEUCO, ANTIOCO e TOLOMEO
 
 SELEUCO
295A te, figlio, si aspetta
 il tranquillar quell’alma.
 ANTIOCO
 Ma quando, o genitore,
 de’ miseri fenici udir vorrai
 gli ossequi e le discolpe? Al figlio Arsace
300tutta la speme sua fidò Scitalce.
 SELEUCO
 Venga, se Antioco il brama.
 ANTIOCO
 Il contento di Arsace a lui mi chiama.
 SELEUCO
 Prence, vedrò di Antioco
 disciolti gl’imenei?
 TOLOMEO
305L’ira di Argene è giusta.
 Sprezzata, vilipesa,
 che può sperar?
 SELEUCO
                                Più che d’Argene l’ira,
 temo di Antioco il duolo.
 TOLOMEO
 Qual duol, signore?
 SELEUCO
                                      Ignota
310m’è la cagione.
 TOLOMEO
                              Ah! Se la tema, o sire...
 SELEUCO
 Tema? Di che?
 TOLOMEO
                               Del tuo riposo, al labbro...
 SELEUCO
 Parla, se amico sei.
 TOLOMEO
 Direi che del suo duol, de’ suoi sospiri
 non m’è ascoso il mistero.
315Tu sol lieto puoi farlo.
 SELEUCO
                                          Io? V’è nel regno
 cosa che a lui gradisca?
 TOLOMEO
                                             Il regno istesso.
 SELEUCO
 Prence, t’inganni. O quante volte, o quante
 il diadema e lo scettro
 gli posi a’ piedi; ed ei né pur d’un guardo
320degnò l’offerte e n’ebbe orrore.
 TOLOMEO
                                                           Ei forse
 non le credé veraci; o pur non ama
 fuorché del sangue tuo tinto il suo manto.
 SELEUCO
 Ah! Che dicesti? Un figlio?
 TOLOMEO
 Cedon talor del sangue
325le giuste leggi ad un amor superbo.
 SELEUCO
 Come ne temi?
 TOLOMEO
                               Alor che i lumi, o sire,
 fissa ne’ tuoi, qual de’ suoi sguardi è il moto?
 SELEUCO
 Agitato , confuso.
 TOLOMEO
 Qual del volto il color?
 SELEUCO
                                           Pallido, esangue.
 TOLOMEO
330Qual del labbro la voce?
 SELEUCO
                                              Egra, tremante.
 TOLOMEO
 Quel pallor, quel timor, quel turbamento
 è l’anima che sente il suo delitto.
 E quell’amor ch’ei porta
 a’ rubelli fenici? Esso gli abbraccia.
335Vedi qual zelo. Esso ne applaude agli odi;
 e fors’ei primo il foco indegno accese.
 SELEUCO
 (E fia Antioco sì ingrato?)
 Nol credo. Anche a la vista
 torrei la fede. E pure... Ahi fati! Ahi pene!
 TOLOMEO
340(È pago il zelo e soddisfatta Argene).
 
    Quanto alletta e quanto piace
 al pensier di un’alma audace
 del regnar la maestà.
 
    La pietà muor con la fede
345e nel cor di chi succede
 il desio previen l’età.
 
 SCENA XIV
 
 SELEUCO, ANTIOCO, ARSACE co’ suoi fenici
 
 ANTIOCO
 Viene Arsace al tuo piè.
 SELEUCO
                                              Venga. E tu, figlio,
 libero a l’ire mie lascia il destino
 di quest’anime infide.
 ANTIOCO
350Tu poc’anzi, o signor...
 SELEUCO
                                           Basti. Assai dissi.
 ARSACE
 Ecco a le regie piante...
 SELEUCO
                                             Arsace, sorgi.
 ARSACE
 Ecco un popolo intero
 che per mia bocca a te, monarca invitto,
 le sue suppliche porta e i mali espone.
355Un popolo infelice,
 altre volte a te caro, al di cui braccio
 molte devi di queste,
 trofei di tue vittorie, armi nemiche.
 Un popolo...
 SELEUCO
                         Sì, un popolo rubello
360che il suo stato, il mio grado
 pose in obblio, che osò nel seno istesso
 de’ duci suoi, de’.miei più cari il ferro
 immerger contumace.
 ARSACE
 Prendemmo il ferro, è ver, ma per vendetta
365solo de’ nostri torti. Abbìam sofferto
 ne’ duci tuoi quanto ha di crudo e fiero
 la tirannide stessa.
 Il tuo nome gran tempo
 diè freno al nostro ardire e fe’ più audaci
370le rapine il tacer. Ma alfin chi puote
 frenar plebe irritata?
 SELEUCO
 Qual legge ora a’ vassalli
 il supplizio permette
 de’ suoi giudici stessi? Io non avea
375con che punirli? A che tenermi ignote
 le loro colpe?
 ANTIOCO
                           Ah! Sire...
 SELEUCO
 Non più. Del poter mio, del vostro fallo
 fede faranno a voi le mie vendette.
 ANTIOCO
 Mio genitore...
 SELEUCO
                              Antioco, taci.
 ARSACE
                                                        Eh frena...
 SELEUCO
380No. Perdon non si speri. I vostri mali
 sieno agli altri di esempio, a voi di pena.
 
    Porterò ne’ vostri lidi
 la rovina, la strage, il terror.
 
    E col sangue degl’infidi
385segnerò su quelle arene
 la vostra sconoscenza e ’l mio furor.
 
 SCENA XV
 
 ANTIOCO, ARSACE
 
 ARSACE
 Mio principe, e tal deggio
 tornare al padre?
 ANTIOCO
                                   Infausti uffici!
 ARSACE
                                                                E queste
 fian de la patria e le speranze e i voti?
 ANTIOCO
390Orché siam, caro amico,
 ne la sventura eguali, eguali ancora
 siam nel destin. Teco m’avrai.
 ARSACE
                                                         Vuoi dunque?...
 ANTIOCO
 Fermo è ’l disegno. Ogni consiglio è vano.
 ARSACE
 Lasciare un cielo...
 ANTIOCO
                                     Ove perdei la pace.
  ARSACE
395Il regno?...
 ANTIOCO
                       Io non lo curo.
 ARSACE
 La sposa?..,
 ANTIOCO
                        Oggetto a me di sdegno.
 ARSACE
                                                                      Il padre?...
 ANTIOCO
 Motivo di tormenti.
 Qui tutto è grave agli occhi miei.
 ARSACE
                                                              Deh! Senti...
 ANTIOCO
 Non più, partiamo, Arsace. Orché Seleuco
400contro il Medo superbo il ferro impugna,
 andiamo ad ammorzar nel sangue ostile
 l’ire comuni; e ’l genitore e ’l regno
 veggan che il nostro ardire
 d’una sorte miglior non era indegno.
405Tu vanne a l’idol mio, digli che or ora
 da l’ultimo mio pianto
 saprà qual io mi parta e quale io mora.
 ARSACE
 lo ti precedo ed i tuoi cenni osservo,
 per legge e per amor vassallo e servo.
 
 SCENA XVI
 
 ANTIOCO
 
 ANTIOCO
410Io parto alfin; luoghi sì cari un tempo
 a’ miei voti, a’ miei sguardi,
 reggia superba ov’io
 i dolci respirai primi vagiti,
 mura natie, patrie grandezze, addio.
415Fuggo il vostro soggiorno;
 ma vi lascio un tesoro e vel confido,
 più caro agli occhi miei de la mia vita.
 Felici voi che lo chiudete in seno!
 Voi fortunati appieno,
420che ne’ vostri contenti
 più non avrete il testimon funesto
 de le lagrime mie, de’ miei tormenti!
 
    Da voi lunge, grandezze reali,
 vado a piagnere, vado a morir.
 
425   Tra voi nacquer gli acerbi miei mali;
 ma non ponno tra voi qui finir.
 
 Camere di Stratonica.
 
 SCENA XVII
 
 STRATONICA
 
 STRATONICA
 Antioco a me? Non deggio udirlo. Estinti
 cadranno agli occhi suoi gli sdegni miei.
 Fuggasi dunque, lassa!
430Eguale a la ragion non ho il rigore
 e qui mi ferma a mio dispetto amore.
 
    Senti, mio cor. Il non saper partir
 vuol dir
 che ingrato e traditor ancor tu l’ami.
 
435   Ah! Se il crudel a te mancò di fé,
 perché
 tu ancor spezzar non puoi gli tuoi legami?
 
 SCENA XVIII
 
 ANTIOCO, STRATONICA
 
 ANTIOCO
 Un sol momento ancor soffri, o regina.
 STRATONICA
 Son vinta e qui mi rendo.
 ANTIOCO
440Soffri le voci mie, soffri i miei sguardi.
 STRATONICA
 Sorgi, Antioco, deh sorgi.
 ANTIOCO
 Ben leggo ne’ tuoi lumi
 l’orror che hai di vedermi. Io veggo l’ira
 in quel pallor che ti sorprende e turba;
445ma questo è alfin l’ultimo onor che chiedo,
 l’ultimo addio che porgo. Io già per sempre
 ti lascio il regno e ’l genitor; ma, o dio!
 pria vengo a dirti addio per sempre. Addio.
 STRATONICA
 A che vieni, o crudel? Vieni a dar forse
450un piacer al tuo cor co’ mali miei?
 Vanne, infedel. Venga pur teco Argene.
 ANTIOCO
 Quanto più del tuo sdegno
 mi offende il tuo sospetto!
 Per non esser d’altrui, perché non posso
455esser più tuo, parto, regina, io parto.
 STRATONICA
 Che?
 ANTIOCO
             Ma col core istesso
 che una volta ti diedi, io da te parto.
 STRATONICA
 Aimè.
 ANTIOCO
               Nel mesto addio te almen lasciassi
 così fedel, come fedel ti lascio.
 STRATONICA
460Son morta.
 ANTIOCO
                        No, regina, ama Seleuco.
 Scordati Antioco. È crudeltà che voglia
 torti tante grandezze
 l’amor di un infelice.
 Né a te più amar né a me sperar più lice.
 STRATONICA
465Non più, Antioco, non più. Credo al tuo core
 e tu pur credi al mio. Tu mi ami, io t’amo!
 Egualmente fu vano
 il tuo sospetto e ’l mio;
 tu a me fedel, fida a te sono anch’io.
 ANTIOCO
470Mia regina...
 STRATONICA
                           Mio prence...
 ANTIOCO
 Certo de l’amor tuo...
 STRATONICA
 Certa de la tua fede...
 ANTIOCO
 E pur deggio partir?...
 STRATONICA
                                           Devi lasciarmi?
 Ma chi t’astringe?
 ANTIOCO
                                    Amor, rispetto e fato.
475Ho per rivale un padre.
 Come il posso odiar? Come soffrirlo
 tenero figlio e sviscerato amante?
 STRATONICA
 Crudelissima legge!
 ANTIOCO
 Regina, addio. Ma se tu piangi, io resto.
480Lascia ch’io parta e poi... No, troppo chiedo.
 Vivi pur lieta, vivi
 col genitor che mi ti toglie. Vivi
 e, solo alor che la mia morte udrai,
 per pietà del mio duolo
485donami un sol sospiro, un pianto solo.
 STRATONICA
 No, Antioco, tu vivrai. Vivrai, se mi ami.
 Benché lontano io ti amerò, che dee
 chi una volta ti amò per sempre amarti.
 Ahi! Che promisi? Vanne.
490Vanne. Già sai che ti amo; amami e parti.
 STRATONICA
 
    Sì, cor mio, sì, dimmi
                                               addio...
 ANTIOCO
 Sì, mio cor, vo’ dirti
 
 A DUE
 
                                 tuo
 Pria ch’io mora al          partir.
                                 mio
 
    Il voler restar in vita
 
                      tua
 dopo l’aspra         partita
 8}A                     mia
 
495è un desio di più morir.
 
 Fine dell’atto primo